22-23/03/03 Supertour dell'Adamello

 

Prima di tutto i numeri (che saranno poi solo dettagli) di questa fantastica esperienza: 3270 i metri di dislivello, 42 i km percorsi, 17 e mezzo le ore di marcia, tanti i litri di liquidi di varia natura consumati, tantissimi i litri di sudore versati... Se avete fretta chiudete pure questa pagina, perchè la faccenda è stata piuttosto lunga!

La meteo prevede giornate ottime...partiamo, destinazione Temù.  Al nostro arrivo in valle il tempo non è dei più incoraggianti: nevischia, e nuvole basse impediscono la visuale. Gli amici sono perplessi, ma li rincuoro propinandogli una serie di ottime notizie sulla meteo acquisite da fantomatiche carte meteo... "vedrete che alle 10:00 al massimo dovremo mettere la crema solare". Siamo a 1270 m ,spalliamo gli sci e percorriamo la stradina alla volta di Malga Caldea oltre la quale l'innevamento si fa più consistente e continuo. Il gruppetto si ferma a calzare gli sci, io e Claudio continuiamo a piedi, visto che la percorribilità sul manto nevoso è comunque ottimo. Oltrepassando resti di slavine (una in particolare enorme) raggiungiamo il piano dei Laghi d'Avio (1900 m). "...hei, ma non abbiamo ancora messo gli sci...". Beh adesso è inutile, visto che decidiamo di percorrere la lunghissima galleria di servizio ENEL che costeggia i laghi. Pila frontale e via. Al termine della galleria ecco la sorpresina che attendevamo. Il Sole! Non sono ancora le dieci, meglio di Vanna Marchi! Le cascate sono ancora perfettamente ghiacciate e ci sono 2 cordate che stanno scalando. Proseguiamo alla base di esse verso la spianata di Malga Lavedole (2040 m). Adesso la neve non ci permette più di proseguire a piedi..."dopotutto stiamo facendo scialpinismo, no? Allora mettiamoli, sti sci!". Saliamo il ripido pendio del "Calvario", mentre alle nostre spalle il Baitone, imponente, emerge dalle foschie. la giornata si preannuncia moooolto calda  sotto molti punti di vista, cosi decidiamo di ripararci all'ombra della veranda del Rifugio Garibaldi e rifocillarci. La sosta è piuttosto lunga, dopodichè proseguiamo puntando al Passo Venerocolo. Di tanto in tanto mi volto verso Claudio,  che ci sorveglia a qualche decina di metri di distanza. La sagoma dell'Adamello, a sua volta, sorveglia tutti noi. Valicato il passo (3136 m) e messo piede sull'alto bacino del Pisgana, l'aria si fa piuttosto frizzante ed il cielo blu e terso. Rob traccia verso il passo Venezia (3226 m), che raggiungeremo abbastanza velocemente dapprima perdendo qualche decina di metri, poi recuperati per dolce pendio. D'avanti a noi si apre adesso il maestoso Pian di Neve . Sappiamo che quello che ci aspetta adesso sarà puramente relax (anche se dovremo  risalire ancora un ultimo tratto prima di tirare definitivamente il classico sospiro) e ci soffermiamo a fare quattro parole con gli ultimi sciatori che si apprestano a scendere verso Ponte di Legno. Fin qui la salita è stata condotta in perfetta solitudine, a conferma che il tour, cosi come l'avevo progettato, è assolutamente originale (e faticoso, molto faticoso). Via, verso le accoglienti (?) mura del rifugio. La discesa è assolutamente insciabile, ma perdiamo ugualmente quota fino a 2750 m. Siamo ancora in anticipo sulla tabella di marcia prefissata, cosi possiamo permetterci di fare una capatina fino al Passo della Lobbia Alta (3045 m) per ammirare la bastionata Crozzon di Lares-Cavento alle ultime luci della giornata. Poche decine di metri ci separano adesso dal rifugio Caduti dell'Adamello, appollaiato sulle pendici della Lobbia Alta in posizione dominante sulla distesa glaciale del Mandrone. La nuova gestione è cordiale, il rifugio ...il solito ormai da tanti, troppi anni. I 2300 metri e 21 km nelle gambe non tarderanno a farsi sentire...buona notte! Al Mattino la nostra prima meta è il cannone da 149 su Cresta Croce mio sogno fin da scolaro. Decidiamo di raggiungerlo per il versante Sud. Scendiamo in diagonale dal rifugio fino a 2900 m, risaliamo il pendio Ovest di Cresta Croce fino al Passo del Dosson (3264 m) e, abbandonati gli sci, percorriamo la cresta rocciosa e mista fino a raggiungere il leggendario cannone da 149. Sono un po' emozionato, ricordo la  maestra delle elementari con il libro di storia in mano...Uno sguardo in giro (stupendo il profilo del Carè Alto) e ci accingiamo con attenzione, nella discesa a raggiungere gli sci mentre studiamo il percorso da effettuare per raggiungere il Corno Bianco. Decidiamo di non effettuare la discesa direttamente verso il Corno, bensì di compiere una lunghissima diagonale sotto le pendici del Dosson di Genova, per portarci nei pressi del Passo Adamè (3100 m ca). Rob traccia un traverso perfetto, lungo i ripidi pendii cosparsi di seraccate e crepacci (chiusi). Con un ampio semicerchio, avvicinandoci al bordo meridionale del Pian di Neve, risaliamo verso il versante Sud del Corno, abbandonando gli sci alla selletta posta fra esso e la q 3356. Rob prosegue fino in vetta con gli sci, noi la raggiungiamo, piccozza in mano, per la breve cresta sud-est. Dalla cima (3434 m) il panorama è superbo, a 360° (Adamello e Presanella si esibiscono in abiti eleganti), su grandissima parte delle Alpi. Rob avvia la discesa sulla bellissima pagina Est della montagna, noi percorriamo a ritroso la cresta sud-est e attraversiamo fino all'intaglio che permette di valicare la cresta sud-ovest scinspalla. Di fronte a noi il breve ma ripido versante nord-est del Corno non presenta tracce di discesa. Con cautela io, il Paglia e Lorenz calziamo gli sci, Claudio li porta più prudentemente per qualche metro fino al Passo degli Italiani (3350 m). La svolata è entusiasmante su neve perfettamente trasformata nella parte più ripida, e ricoperta da uno strato farinoso a ridosso dei Corni di Confine. Osserviamo entusiasti la nostra discesa dai pressi del Passo Brizio e scorgiamo Rob poco più in la. Lo invitiamo a raggiungerci per effettuare un ultima pausa prima della risalita al Passo Venezia. Siamo ancora perfettamente entro i limiti di tempo prefissati, cosi la sosta può durare qualche minuto in più. Alle 13:55, puntuali come il trenino rosso del Bernina, raggiungiamo il valico (3230 m). 8 km di varia escursione con 970 m di dislivello in salita, fino a qui. Adesso la lunga (13 km per 2000 m circa di dislivello) meritatissima discesa del celeberrimo Pisgana non aspetta che essere calcata. Come da previsioni le condizioni (sia fisiche che della neve) ci permettono la "sciatona" sugli ampi  pendii del ghiacciaio, assolutamente di prim'ordine. Giunti alla fronte dello stesso, dobbiamo decidere se percorrere il salto roccioso che lo sbarra, via canalino usuale di destra o quello di sinistra. Ne viene fuori un misto, inizialmente delicato, al centro dei due che prosegue comunque con la già avviata stupenda sciata. Dai pressi della Baita del Pastore, osserviamo il ripido tratto finale della discesa e attraversiamo tutte le impressionanti valanghe che invadono il fondovalle fino a quando la neve ci permette di tenere gli sci ai piedi. Guadagnata la mulattiera scinspalla, scendiamo spediti verso l'abitato di Sozzine, programmando già la prossima uscita...Non sarà certo facile trovare un altro itinerario degno di competere con il supertour dell'Adamello appena compiuto, ma le idee abbondano, le montagne non mancano e la fantasia...non ha confini!

                                                                                                                   by Domenico
Partecipanti: io, Rob, Paglia, Claudio e Lorenz

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