Ho
sempre immaginato il Gran Paradiso come un mansueto gigante ammantato di
bianco. Un 4000 da “riservare” all’età della “pensione
scialpinistica”. L’idea però di poterlo salire partendo
direttamente da casa, in una sola giornata, si era fatta strada nel mio
superaffollato calendario delle gite di questa stagione, scalzando altre
mete già da tempo ambite…e siccome al cuor non si comanda, si
organizza alla spicciolata e… via!
La
partenza, come di consueto, avviene moooolto presto: sappiamo che la
salita da effettuare, dopo almeno tre ore di auto, sarà piuttosto
lunghetta, da affrontare con pazienza e determinazione. Alle
07:30,prendiamo le mosse da Pont
Valsavaranche, in una giornata tersa e fresca. I -2° alla partenza sono
un ottimo incoraggiamento. Non facciamo in tempo ad abbandonare la pista
di fondo che già perdiamo i pezzi: il Paglia ci abbandona a causa di un
risentimento al ginocchio. Io e Claudio ci infiliamo in un orrido
dapprima abbastanza agevole con alcuni brevi tratti di arrampicata, che
diventa poi ripido e ghiacciato costringendoci ad imbracciare la
piccozza. Beh, come inizio non è molto esaltante, ma, avendo
chiaramente intravisto la possibilità in alto di riallacciarci al
sentiero principale, proseguiamo determinati. La salita prosegue
tranquilla sempre con gli sci nello zaino,
transitando al cospetto della belle pareti nord del Ciarforon
e della Becca di Monciair, fino al rif. Vittorio
Emanuele, che raggiungiamo dopo 2 ore e 15. Non male, le “peripezie”
iniziali non ci hanno fatto perdere moltissimo tempo! Adesso siamo
“costretti” a calzare gli sci. La neve varia molto a seconda
dell’esposizione: a tratti di ottimo firn seguono altri durissimi da
rigelo e da vento. Mettiamo i rampan prima del tratto ripido che
permette l’accesso al
ghiacciaio. Superiamo una zona con neve
bruttissima, ventata, ed arriviamo alla dorsale che precede la Schiena
d’Asino, con bellissima vista sulla seraccata che sborda dal circo
superiore. Superiamo qualche crepaccio aperto saltandolo di netto e
giungiamo ai piedi del caratteristico e ripido scivolo glaciale. Vediamo
“parcheggiati” alcuni sci. Perplessi, prendiamo a rimontare il
pendio e subito capiamo il perché della scelta di abbandonare gli
attrezzi: la neve è talmente dura e tirata dal vento che il rampante di
Claudio non riesce a conficcarsi, facendogli perdere l’equilibrio e
rotolare per 10/15 metri. Per fortuna la caduta non ha conseguenze. Dal
canto mio, la “stazza” mi consente una progressione senza problemi
(mai più i miei rampan potranno sostenere tale peso senza penetrare
nella neve!!!).
Ci fermiamo un attimo e prendiamo fiato (con la scusa di ammirare
il Monviso), prima di riprendere la salita ,
senza problemi, fino al bordo del crepaccio terminale sotto la cresta
finale. Lasciamo gli sci mentre l’ultimo gruppetto di scialpinisti si
avvia per la discesa. Sono le 14:15. Ramponi e piccozza per
l’ultimissimo tratto finale molto aereo. La vista spazia in tutte le
direzioni:
in direzione del Rosa
, del Bianco ,
e del "piccolo" Ciarforon
. Non una nuvola. Uno spettacolo memorabile! La cosa più
bella: siamo solo in due a godere di cotanto scenario mozzafiato. Con
calma torniamo agli sci e prendiamo a scendere. Le gambe sono piuttosto
affaticate, ma la qualità della neve (escluso un tratto mediano ventato)
ci pemette una bella sciata. In
vista del Vittorio Emanuele ,
imbocchiamo un ripido canalino discosto dalla via usuale di discesa
molto divertente. Oltrepassato il rifugio infiliamo una serie
di canali e pendii che ci consentono di scendere sciaipiedi fino a 2100
metri di quota, dopodiché, guadagnata la mulattiera, non ci resta che
spallare gli sci,
ammirare ancora una volta il Ciarforon
alle ultime luci della giornata e tuffarci nel bosco sottostante che, piuttosto
rapidamente ci riporterà alla pista di fondo e alla macchina. In
autostrada, sulla via del ritorno, brevi flash mi riportano sulle rocce
sommitali del Gran Paradiso, da dove seduto, dopo oltre sette ore di
salita, ammiro il mondo…il Paglia parla di “imprinting” ed io sono
assolutamente d’accordo con lui!
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