Caldo infame, ormai i ghiacciai in ginocchio da mesi
supplicano per una spolverata di neve...niente, la risposta è sempre la
stessa: pikke! E' passato ormai un mese dall'ultimo 4000, e nonostante
mi fossi ripromesso di smetterla con le "alte vette" fino alla
prossima stagione scialpinistica, la tentazione è troppo forte ed alla
fine vincerà...
Scartati i facili percorsi d'alta quota per le
pessime condizioni dei ghiacciai, le creste nevose per la stazionaria
permanenza dello zero termico oltre il limite dei 4000 metri , le pareti
ghiacciate quest'anno troppo ghiacciate etc etc etc, mi viene in mente
una montagna che, ad un tratto su ghiacciaio generalmente difficoltoso
attraverso una zona di seracchi, fa seguire un percorso di roccette fino
alla vetta: la Dent d'Hérens. Per nulla banale, di discreto impegno
fisico, con una base d'appoggio remota: il rifugio Aosta. Aggiudicata!
Lorenzo avvalla la scelta e il sabato successivo partiamo di buon'ora
verso la Valpelline. Quello che ci attende oggi altro non è che un
lungo sentiero fino al rifugio. Lungo si, ma mooolto più di quanto
immaginassi: si
tratta di un percorso plurichilometrico pianeggiante, dominato dalla
massiccia mole della nostra montagna, lassù, lontanissima. E il
rifugio? Neanche l'ombra, con un fondovalle che non riesce a comparire.
Finalmente, raggiunta l'ennesima spianata a quota 2400 circa, eccolo li,
lontanissimo anch'esso, appollaiato sul bordo di una ripidissima morena. Il
sentiero si snoda sempre pianeggiante fino ai piedi di essa, per poi
rimontarla parzialmente e poi ridiscendere al fondovalle. In ultimo
attacca un dosso roccioso scoperto dal ritiro della seraccata
soprastante e sale con numerosi tratti attrezzati fino al ripiano dove
alloggia la piccola costruzione. Siamo i primi ad arrivarci, ci
sistemiamo e schiacciamo un pisolino sulle panche esterne (ci costerà
una scottatura...). Dopo la cena alcune ore di riposo fino alla sveglia
che suona alle 02:00. Non ero più abituato a queste levatacce...
Pila frontale e via, insieme ad un gruppo di 6 o 7 tedeschi (credo)
condotti da una guida, a rimontare la ripida morena che in men che non
si dica ci porta all'inizio del ghiacciaio. Nonostante la copertura
morenica esso appare subito molto crepacciato, così decidiamo di
procedere in conserva. Superati alcuni tratti ripidi di ghiaccio vivo
districandoci nella suggestiva seraccata, perveniamo al vasto plateau ai
piedi della cresta ovest della Dent d'Hérens. Lorenzo propone di
sceglierla come via di salita, ma non abbiamo uno straccio di relazione,
è buio e non abbiamo neanche presente dove sia l'attacco. No, è meglio
continuare verso il fianco sud-ovest e salirlo come programmato. Intanto
l'alba illumina il Gran
Combin alle nostre spalle. Il
superamento della crepaccia terminale comporta qualche difficoltà,
obbligandoci ad un tiro di corda su ghiaccio vivo. Mentre sto salendo
una scarica di sassi mi passa ad un metro ed uno mi colpisce sul casco...fiiiuuu,
che fortuna averlo portato, d'ora in poi non mancherà più nelle mie
ascensioni! Il pendio è molto ripido e ricoperto da detriti, bisogna
muoversi con estrema delicatezza per non scaricare quintali di sassi ad
ogni passo. Da quì il ghiacciaio delle Gran
Murailles appare in tutta la sua imponenza Fortunatamente più in alto si riguadagna la cresta, che
seguiamo fino alla base della paretina sommitale che difende l'accesso
alla crestina finale. La si supera con una divertente e facile
arrampicata pervenendo così alla suggestiva e a tratti affilatissima cresta
rocciosa che conduce in pochi minuti alla vetta. Sono all'incirca le
08:30. Il panorama (tanto per cambiare) è mozzafiato: il Cervino è ad
un passo, le vette del Vallese, in primis la Dent
Blanche e il Weisshorn poco più in la, perfino la diga di Place
Moulin sembra a portata di mano... che giornata stupenda. Il tempo di
guardarci attorno, poi giù verso il ritorno , se viaggiamo veloci
riusciamo ad essere fuori dal crepacciatissimo ghiacciaio prima che il
sole colpisca e ferisca i già agonizzanti ponti di neve. Superiamo
rapidi tutto il versante sud-ovest della montagna, attraversiamo
nuovamente in sicurezza l'enorme labbro della crepaccia terminale (molti
altri la supereranno in corda doppia). Possiamo finalmente riposare un
attimo, ormai siamo fuori quantomeno dalle scariche di sassi della parete
sud-ovest appena discesa. Continuiamo seguendo la appena
accennata traccia dei ramponi disegnata alla luce delle frontali
voltandoci ,di tanto in tanto, ad ammirare la mole
della nostra vetta.
Superato infine l'ultimo tratto della seraccata, possiamo finalmente
allentare la pressione; ancora un tratto pianeggiante e saremo fuori da
ogni possibile pericolo. Non è ancora mezzogiorno, siamo stati bravi.
Adesso arrivare al rifugio sarà soltanto una formalità. Una
formalità? Si ma poi? Quasi avevamo dimenticato l'abominevole sentiero
pianeggio-iperchilometrico che ci separa dalla macchina: in effetti si
rivelerà un vero tormento per i nostri poveri piedi. Raggiungiamo la
diga quando sono ormai le 18:00, non è ancora finita, mancano le tre
ore e più di macchina per raggiungere la baita in quel di Brescia...
una
giornata interminabile e un'altra molecola nel carnet!
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