12-13/07/03 Dent d'Hérens

 

Caldo infame, ormai i ghiacciai in ginocchio da mesi supplicano per una spolverata di neve...niente, la risposta è sempre la stessa: pikke! E' passato ormai un mese dall'ultimo 4000, e nonostante mi fossi ripromesso di smetterla con le "alte vette" fino alla prossima stagione scialpinistica, la tentazione è troppo forte ed alla fine vincerà...

Scartati i facili percorsi d'alta quota per le pessime condizioni dei ghiacciai, le creste nevose per la stazionaria permanenza dello zero termico oltre il limite dei 4000 metri , le pareti ghiacciate quest'anno troppo ghiacciate etc etc etc, mi viene in mente una montagna che, ad un tratto su ghiacciaio generalmente difficoltoso attraverso una zona di seracchi, fa seguire un percorso di roccette fino alla vetta: la Dent d'Hérens. Per nulla banale, di discreto impegno fisico, con una base d'appoggio remota: il rifugio Aosta. Aggiudicata! Lorenzo avvalla la scelta e il sabato successivo partiamo di buon'ora verso la Valpelline. Quello che ci attende oggi altro non è che un lungo sentiero fino al rifugio. Lungo si, ma mooolto più di quanto immaginassi: si tratta di un percorso plurichilometrico pianeggiante, dominato dalla massiccia mole della nostra montagna, lassù, lontanissima. E il rifugio? Neanche l'ombra, con un fondovalle che non riesce a comparire. Finalmente, raggiunta l'ennesima spianata a quota 2400 circa, eccolo li, lontanissimo anch'esso, appollaiato sul bordo di una ripidissima morena. Il sentiero si snoda sempre pianeggiante fino ai piedi di essa, per poi rimontarla parzialmente e poi ridiscendere al fondovalle. In ultimo attacca un dosso roccioso scoperto dal ritiro della seraccata soprastante e sale con numerosi tratti attrezzati fino al ripiano dove alloggia la piccola costruzione. Siamo i primi ad arrivarci, ci sistemiamo e schiacciamo un pisolino sulle panche esterne (ci costerà una scottatura...). Dopo la cena alcune ore di riposo fino alla sveglia che suona alle 02:00. Non ero più abituato a queste levatacce... 
Pila frontale e via, insieme ad un gruppo di 6 o 7 tedeschi (credo) condotti da una guida, a rimontare la ripida morena che in men che non si dica ci porta all'inizio del ghiacciaio. Nonostante la copertura morenica esso appare subito molto crepacciato, così decidiamo di procedere in conserva. Superati alcuni tratti ripidi di ghiaccio vivo districandoci nella suggestiva seraccata, perveniamo al vasto plateau ai piedi della cresta ovest della Dent d'Hérens. Lorenzo propone di sceglierla come via di salita, ma non abbiamo uno straccio di relazione, è buio e non abbiamo neanche presente dove sia l'attacco. No, è meglio continuare verso il fianco sud-ovest e salirlo come programmato. Intanto l'alba illumina il Gran Combin alle nostre spalle. Il superamento della crepaccia terminale comporta qualche difficoltà, obbligandoci ad un tiro di corda su ghiaccio vivo. Mentre sto salendo una scarica di sassi mi passa ad un metro ed uno mi colpisce sul casco...fiiiuuu, che fortuna averlo portato, d'ora in poi non mancherà più nelle mie ascensioni! Il pendio è molto ripido e ricoperto da detriti, bisogna muoversi con estrema delicatezza per non scaricare quintali di sassi ad ogni passo. Da quì il ghiacciaio delle Gran Murailles appare in tutta la sua imponenza Fortunatamente più in alto si riguadagna la cresta, che seguiamo fino alla base della paretina sommitale che difende l'accesso alla crestina finale. La si supera con una divertente e facile arrampicata pervenendo così alla suggestiva e a tratti affilatissima cresta rocciosa che conduce in pochi minuti alla vetta. Sono all'incirca le 08:30. Il panorama (tanto per cambiare) è mozzafiato: il Cervino è ad un passo, le vette del Vallese, in primis la Dent Blanche e il Weisshorn poco più in la, perfino la diga di Place Moulin sembra a portata di mano... che giornata stupenda. Il tempo di guardarci attorno, poi giù verso il ritorno , se viaggiamo veloci riusciamo ad essere fuori dal crepacciatissimo ghiacciaio prima che il sole colpisca e ferisca i già agonizzanti ponti di neve. Superiamo rapidi tutto il versante sud-ovest della montagna, attraversiamo nuovamente in sicurezza l'enorme labbro della crepaccia terminale (molti altri la supereranno in corda doppia). Possiamo finalmente riposare un attimo, ormai siamo fuori quantomeno dalle scariche di sassi della parete sud-ovest appena discesa.  Continuiamo seguendo la appena accennata traccia dei ramponi disegnata alla luce delle frontali voltandoci ,di tanto in tanto, ad ammirare la mole della nostra vetta. Superato infine l'ultimo tratto della seraccata, possiamo finalmente allentare la pressione; ancora un tratto pianeggiante e saremo fuori da ogni possibile pericolo. Non è ancora mezzogiorno, siamo stati bravi. Adesso arrivare al rifugio sarà soltanto una formalità. Una formalità? Si ma poi? Quasi avevamo dimenticato l'abominevole sentiero pianeggio-iperchilometrico che ci separa dalla macchina: in effetti si rivelerà un vero tormento per i nostri poveri piedi. Raggiungiamo la diga quando sono ormai le 18:00, non è ancora finita, mancano le tre ore e più di macchina per raggiungere la baita in quel di Brescia... una giornata interminabile e un'altra molecola nel carnet!

                                                                                                                   by Domenico
Partecipanti: Io e Lorenz

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