22-23/08/03 Dent Blanche
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La meta programmata inizialmente era il Dente del Gigante, abbinato alla traversata della cresta di Rochefort, ma la proposta di Rob all'ultimo momento di effettuare la salita della Dent Blanche ha fatto crollare ogni proposito di Bianco. E Dent Blanche sia! Il viaggio d'avvicinamento alla Val d'Hérens ?
oltremodo lungo, ma poca cosa rispetto a quello d'avvicinamento al
Refuge Rossière alla Dent Blanche. La strada ?sbarrata ancora prima
del punto indicato sulle relazioni...ma percorrendola (a piedi) ci
accorgiamo che il divieto di transito ?solo per chi rispetta i
divieti! Sono diverse decine infatti le auto parcheggiate ad ogni
piazzola adiacente la strada. Poco male, 1700 0 1800 metri fa nessuna
differenza. Iniziando a salire lungo la strada asfaltata apprezzo subito
la scelta di aver indossato le scarpe da ginnastica, anche se i 18 kg di
zaino pesano un po' sulle spalle. Il sentiero che segue ?comodo ed
evidente. Molti escursionisti ci fanno compagnia lungo il percorso fino
all'alpe Bricola, posta su un gradino della valle con panorama
mozzafiato sul ghiacciaio
e sulla gigantesca montagna.
E' gi?mezzogiorno, e ne approfittiamo per una breve pausa.
Proseguendo, dopo un lungo tratto ascendente in mezzacosta, mettiamo piede sul ghiacciaio Des Manzettes.
Scegliendo bene il percorso riesco a tenere ai piedi le mie comodissime
Nike e dopo averlo traversato si riprende a salire sulla
scomodissima dorsale di sfasciumi posta a sud del ghiacciaio. Giungiamo
cos?al culmine di essa, dove il ghiacciaio la ricopre e la sbarra. Il pendio ?nbsp; di ghiaccio vivo, e sono costretto a calzare
gli scarponi e i ramponi. Chiss?che sofferenza, penso tra me e me; e
invece (meraviglia) forse per la modifica apportata alle solette, forse
per l'efficacia del balsamo acquistato da Gialdini, forse per l'uno e
l'altro fattore la breve camminata fino al rifugio non lascia tracce di
"usura" sui miei calcagni. Posso quindi tirare un sospiro di
sollievo: domani la salita alla Dent Blanche non verr?intaccata dal
mio consueto mal di piedi. Il rifugio della Dent Blanche non si discosta
dai canoni dei rifugi elvetici: alloggio degno del peggior canile e
vitto...beh, inutile rivangare. Il Rob, che la sa lunga, si ?portato
il suo fornelletto e prepara la cena mentre io ed Andrea
"assaporiamo" le solite schifessen che solo i gestori dei
"refuge" sanno propinare. Altro che "manicaretti e
deliziose torte di mele preparate da Ingrid, la simpatica gestrice del
rifugio" come avevo letto da una relazione su internet fatta da
un'alpinista che aveva effettuato la salita in Luglio: la simpatica
Ingrid non serve a tavola neanche l'acqua di fusione, in compenso ti
fa pagare una bottiglia al pari di un buon Brunello di Montalcino.
Al mio tavolo si siedono per pochi secondi (prima di essere scacciati
dalla kap?perch?nbsp; non avevano prenotato) gli unici italiani presenti: Giuseppe,
Alberto e Gabriele, simpatici e molto esperti amici biellesi. Veniamo
informati che la sveglia ?alle 04:00 per tutti, quindi non ci resta
che recarci nel lager e sperare di chiudere occhio. Il brusìo
poliglotta testimonia il richiamo che ha questa montagna: olandesi,
americani, spagnoli, polacchi oltre ai soliti tedeschi e indigeni del posto tutti
accomunati dalle medesime velleit?"conquistatorie". La notte trascorre insonne e
lentamente, e al mattino ci incamminiamo per primi lungo le roccette
dietro il rifugio, sbagliando per altro l'accesso al filo di
cresta e complicandoci la vita. Raggiunta la sommit?siamo in compagnia
degli altri alpinisti, una lunga colonna di frontali su una a tratti
esile crestina rocciosa. Giunti ai piedi dell'Arete Blanche che si
presenta di ghiaccio vivo, calziamo i ramponi ma decidiamo di procedere
ancora slegati, onde evitare perdite di tempo e superare cos?qualche
cordata. La parte sommitale pianeggiante del ghiacciaio ci sembra
abbastanza mansueta e di neve dura, tale da consentirci di continuare la
nostra progressione tranquillamente. In breve ci troviamo ad attraversare su
uno spettacolare ponte la crepaccia terminale. Togliamo i ramponi e
procediamo per facili roccette. Intanto le prime luci dell'alba
illuminano la cerchia di montagne che ci circondano: Cervino, Monte Rosa,
Dent d'Hérens
prendono un colore indimenticabile. Perveniamo senza problemi al tratto nevoso della cresta, ricalziamo
i ramponi, la superiamo e scaliamo direttamente un breve risalto di ghiaccio verticale
che ci impegna un pochino, mentre vediamo altre cordate che
aggirano l'ostacolo sulla sx (ovest) senza alcun problema. Poco dopo ci
troviamo ai piedi del Gran
Gendarme. Siamo in compagnia degli amici
biellesi e la cosa devo dire non mi dispiace: Giuseppe e Alberto hanno
un' esperienza invidiabile sulle vie pi?ardite di tutte le pi?belle
montagne delle Alpi, Gabriele ?addirittura un accademico del CAI.
Cominciamo ad attraversare su roccette facili verso sx (ovest) per
entrare in un poco marcato canale. Saliamo con divertente arrampicata (II/III)
alternata a tratti pi?friabili e delicati.
Ci sono fittoni che permetterebbero l'assicurazione delle cordate ma ci
sentiamo sicuri e procediamo tranquilli nonostante la lieve esposizione
del terreno. Giunti al filo della cresta affrontiamo una traversata che
si riveler?il tratto pi?impegnativo dell'itinerario. Su rocce solide
(III) e continue fino ad un risalto verticale ma breve (III+) in forte
esposizione. Sotto di noi 800 metri di parete, eppure mi sento
insolitamente tranquillo, addirittura mi piace dover tastare ogni
appiglio e trovare l'appoggio giusto per lo scarpone, sono contento di
essere qui ed essere "in libera", ...in altre parole: sono
totalmente rincoglionito! Giunti ad un terrazzo Giuseppe ci informa che
forse sarebbe meglio legarsi : "...non si sa mai, qui sembra tutto
diverso dalla relazione!". Tiriamo fuori la corda e procediamo
brevemente in cordata, ma dopo neanche una centinaia di passi decidiamo
di slegarci e liberarci dal peso della "matassa": ormai siamo
in vista della vetta e il tratto sommitale non ci riserver?alcuna
sorpresa. Siamo in vetta dopo 4 ore e 40 minuti. Un piccolo sogno
si sta realizzando. Complimenti di rito, un boccone e gi? senza
perdere tempo ad anticipare la massa. C'?gente che sta ancora salendo,
sopratutto guide con clienti che Dio solo sa come fanno a raggiungere
queste mete. Recuperiamo la corda e scendiamo alcuni metri in conserva
fino ad una prima calata in doppia. "IN DOPPIA? SU UN CHIODO?"
Non mi fido assolutamente, preferisco scendere arrampicando. Dal termine
della calata un breve tratto delicato su terreno esposto porta alla
doppia successiva su una molteciplit?di fettucce e cordini,
quindi, apparentemente pi?affidabile. in seguito scavalchiamo la
cresta e ci abbassiamo pi?facilmente sul versante est di essa, fino
alla sella a monte del Gran Gendarme, dove ci sono 4 fittoni che
permettono di calarsi fino alla base di esso. Facciamo ancora una doppia
ma al suo termine ci rendiamo conto che ?inutile perdere tempo in
manovre e scendiamo arrampicando. In breve ci riportiamo al tratto
nevoso della cresta e alle successive roccette che conducono al ghiacciaio.
Stamattina era buio, in questo tratto, e non avevamo potuto notare
l'imponenza che da questo punto denotano il Cervino
e la spettacolare parete Nord della Dent
d'Hérens . La discesa dall'Arete Blanche serve a provare ulteriormente
le nostre gambe cos? fermandoci per togliere definitivamente i ramponi
possiamo ammirare il tratto roccioso superiore della cresta
della Dent Blanche. Percorrendo adesso la cresta che conduce al rifugio ci
rendiamo conto che l'errore della mattina era stato piuttosto grossolano,
anche se il percorso corretto non si pu?definire comunque una
passeggiata. Al rifugio Rob prepara un dissetante the con acqua di
fusione mentre riorganizziamo gli zaini. Sono le 14:00, Ormai non
ci rimane (si fa per dire) che ripercorrere i 1800 metri che ci separano
dalla macchina e sorbirci quelle 4 ore di viaggio fino a casa... a
pensarci mi viene da star male. I piedi per?sono assolutamente
integri, incredibile, per anni ho patito ogni pena e oggi invece... |
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by Domenico |
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