Partenza notturna, niente di nuovo, solo un
particolare... non sono solo. Avete capito bene: ho il compagno. A dire
il vero è proprio da lui che ho preso spunto e coraggio per organizzare
i miei raid al chiar di Luna. Si sceglie una vetta demodè,
"alternativa" che neanche i locali prendono mai in
considerazione. Si parte, lui con climb e snobo' a spalle, io con i miei
fidati sci nello zaino. Ci addentriamo nel bosco e, seguendo una ripida
mulattiera prima e le tracce dei camosci poi, raggiungiamo dopo un
tratto impervio il Casinetto di Menna dove possiamo armarci di sci ai piedi.
La luna è ancora alta e ci illumina, possiamo riporre la frontale nello
zaino e proseguire lungo la dolce dorsale. Alzandoci di quota veniamo
investiti da una fresca brezza che accompagna l'alba regalandoci un
paesaggio nuovo, nonostante si sia qui da tempo...
Ecco quindi apparire fieri di se il Guglielmo, che mai prima avevo visto
partorire il Sole dalle sue arrotondate sommità, e il Pizzo Arera, che
anche dal versante di Zambla conserva la sua imponenza. La salita
prosegue interrotta da decine di click in ogni direzione e, una volta
tanto, anche agli omini che li scattano. Il Mau allunga sullo
spettacolare spallone mentre mi soffermo ad ammirare un camoscio che
discende saltellante il dirupo proprio posto sotto il mio compagno. Lo
raggiungo poco prima di montare sulla cresta che conduce ad una delle
antecime della Cima di Menna, quindi ci alterniamo alla testa della
diligenza onde poterci immortalare a vicenda su sfondi alquanto
suggestivi. Al culmine dello spallone dobbiamo perdere un centinaio di
metri di quota per risalire successivamente in direzione della spalla
che man mano che sale verso la cima perde di pendenza e spessore fino a
diventare una cresta pressoché pianeggiante interrotta da risalti più
o meno ripidi. Doverosa foto al versante ovest dell'Arera ed in men che
non si dica siamo pronti a gustarci la succulenta discesa che ci aspetta
li, a tratti esuberante, a tratti polverosa fino al colle che ospita il
piccolo rifugio. Risaliamo nuovamente e stancamente la
già citata ed anonima antecima per rituffarci a capofitto giù per i
suoi stupendi pendii sud-ovest con neve inizialmente farinosa lavorata
dal vento, quindi di crosta portante da sogno, attraversando versanti
aperti, radure e boschi molto radi fino ad incrociare una stradina
innevata che seguiremo, tagliandola adeguatamente e metodicamente fino
ad abbandonarla, esausta, per incontrare il bosco percorso e non
visto in salita. Dopo breve insistenza spalliamo gli attrezzi e rapidi
guadagniamo il fondo della mulattiera dalla quale, in breve,
raggiungiamo la macchina e quei pochissimi chilometri che ci separano
dalle nostre tane.
|