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Di ritorno da una
innevatissima e nevosissima Val di Scalve, sulla scrivania,
davanti al mio pc, una decina di guide di due terzi delle alpi
fanno sfoggio dei loro itinerari senza però convincermi
definitivamente. Il mio itinerario ideale è presente in ognuna di
loro, ma nessuna prevarica l'altra, una sorta di par condicio che,
per la mia scelta, equivale ad una astensione. Una telefonata, è
Rob..."...ti va di prendere in considerazione la Testa del
Rutor?" al ballottaggio un solo voto risulta decisivo, la Val
d'Aosta amministrerà i nostri sci, ma un ultimo determinante
colloquio con la Fedora riuscirà a far cambiare rotta al nostro
partito.
L'autostrada
che porta ad Aosta è notoriamente monotona ma ricca di
aspettative e progetti. Così mentre si va si discute col Rob (gli
unici aventi diritto al voto siamo noi) della meta e della
località di partenza. La testa del Rutor mette d'accordo
entrambi, ma a me piacerebbe salire da Planaval per effettuare la
relativa discesa senza problemi logistici ( il colloquio con la
Fedora di cui
sopra era rivolto a tal proposito). Troppe volte avevo agognato
quel bellissimo pendio visibile dall'autostrada del fondovalle.
Appena entrati in Valgrisenche mi accorgo che sono io a guidare il
pullman e con un abile manovra svolto verso l'amena frazioncina
mentre Rob avvisa via cellulare l'altra macchinata di partecipanti
del cambio di programma in corsa. La giornata è splendida, si
parte insieme ad un orda di 31 bergamaschi che, insieme a noi 7 ed
altri (pochi) indigeni, invadono gli stupendi pendii che conducono
al Ghiacciaio dello Chateau Blanc. L'omonima cima viene fissata
come meta finale. Salendo ci rendiamo subito conto della qualità
ottima della neve, trasformata perfettamente con una quantità
crescente di polvere superficiale direttamente proporzionale alla
quota. La giornata è molto calda, ma l'esposizione favorevole non
trasforma minimamente il bianco elemento. L'effetto devastante si
riversa invece sugli scialpinisti: la selezione è drastica e la
velocità di salita dei superstiti notevolmente ridimensionata.
Fabio cede poco prima di raggiungere il ghiacciaio, poco dopo i
due Dario della compagnia si uniranno a lui. Rob, Lorenzo e Andrea
mi precedono di alcune lunghezze...io soffro come mai mi era
capitato in una escursione scialpinistica, praticamente alla canna
del gas! Nonostante proceda lungamente ad occhi chiusi per
racimolare qualche briciolo di energia, mi trovo spesso a dover
uscire dalla traccia per evitare i vari pit-stop degli altri
escursionisti che stanno peggio di me. Dopo quttro ore e quaranta
minuti lunghi come una epidemia di peste mi ritrovo in vetta con i
miei compagni di viaggio. Il panorama probabilmente è
meraviglioso ma non riesco a vedere oltre gli scatti della mia
digitale, fiducioso del fatto che, una volta a casa, riuscirò ad
apprezzare maggiormente. Una meritata e prolungata pausa
ristoratrice poi il momento della discesa, temutissimo. Infatti la
fatica accumulata nella salita potrebbe compromettere la discesa e
renderla un calvario. OP OP e via, ogni timore evapora e si
confonde nel nebulizzarsi di curve e serpentine sulla neve
dei sogni, le gambe riprendono miracolosamente vita sgattaiolando
dal torpore che solo qualche minuto prima le attanagliava in una
morsa forse più psicologica che muscolare. Solo chi era presente
può testimoniare l'eccezionalità della discesa, oltre 1800
metri assolutamente fantastici. Tutto come in una favola?
Non proprio: frotte di sciatori trasportati al Colle del Rutor
dall'elicottero "invadono" un terreno che non è di loro
competenza e rovinano in parte la poesia che l'alta montagna di
altri luoghi riserva solo a chi ha i mezzi (non economici) per
conquistarla.
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