Posizionati sulla foto per visualizzare la didascalia                                         20/05/04 Punta San Matteo

IN ATTESA DI RECUPERARE LE FOTO (COLPEVOLMENTE DANNEGGIATE) DI QUESTA ESCURSIONE, PUBBLICO IL RACCONTO SENZA IMMAGINI, PER IL MOMENTO...

 


























Carico la sveglia presto, alle 3. Sono una via di mezzo tra l'irritato e il deluso...detesto arrivare dopo nelle gite che ho programmato... Come sveglia ho alcuni nastri di musica techno anni 90 che ascolterò a volume sfonda-casse sia all'andata che al ritorno

Sono le 6. Il parcheggio dei Forni è deserto...solo un camper! Pensare che qualche settimana fa centinaia di scialpinisti muovevano gli attrezzi, potere dei rifugi aperti. Bando alle ciance, non ho fatto tre ore di auto da solo per stare qui a preoccuparmi perchè non c'è nessuno. Mentre salgo cerco di rintracciare qualche escursionista, ma è deserto assoluto. Il passo, forse per la tensione, è spedito. Non me ne accorgo neanche e sto attraversando un enorme crepaccio "... ma sono già sul ghiacciaio? E il Branca dove diavolo l'ho superato...?" cerco di individuarlo, so perfettamente dov'è...ma non  lo trovo... accidenti è molto più in basso di dove pensavo: ricordavo male o è sprofondato, trascinato a valle dai reflui liquidi dell'ablazione? Ma si , sarà così.  Ad un tratto, in lontananza, in una dolina,  vedo uno scialpinista anzi, no: sono due; di colpo le gambe sembrano liberarsi dal peso schiacciante che la solitudine di questo posto esercitava su di loro. Adesso vado meglio, la giornata è splendida, fresca, senza vento.Il passo si scioglie (ma ce n'era bisogno?) e supero i due scialpinisti, stranieri, tanto per cambiare. Sbuffo...non è la tensione, è la quota. In meno di due ore ho coperto più di mille metri, adesso l'aria si fa leggera. Proseguo senza soste, se non quelle obbligate per immortalare lo stupendo ambiente glaciale che mi circonda. La neve diventa molto dura, proprio ai piedi della ripida paretina che adduce alla grande dorsale sommitale. Calzo i rampan. Non vedo più i due colleghi, sono rimasti piuttosto indietro. Quasi quasi lascio gli sci e metto i ramponi... Ma no, solo un pezzo ostico. Raggiungo la dorsale e la vista si fa entusiasmante. Praticamente un 360° su tutte le alpi. Vedo la vetta, ma non mi capacito di come possa averci messo così poco ad arrivare; intanto il passo si è giocoforza normalizzato. Sono alla croce, 3 ore e venti...boh. Mi fermo a godere il momento. Il Dosegù è piuttosto crepacciato quest'anno. Ancora nessuno sci vi ha lasciato la sua traccia. La strada del Gavia però è gia stata ripulita, la prossima settimana  questo versante verrà preso d'assalto dagli escursionisti... Il Sole comincia a scaldare, vedo arrivare i miei ignari compagni di giornata. Mi raggiungono alla croce, complimenti di rito e convenevoli vari socializzando in uno stentato (da parte mia) inglese. Faccio un po' da Cicerone, poi ci prepariamo alla discesa. Il Sole ha fatto il suo lavoro rammollendo la vescica ghiacciata che ricopriva la parte superiore del manto nella zona più alta. Raggiunta la paretina ci tuffiamo diretti sul ripido, neve asciutta, pressata dal vento su un pendio oltre i 45°...le condizioni migliori in assoluto! Entusiasti ci superiamo a vicenda per immortalarci con le nostre fotocamere e ci aspettiamo per decidere assieme quale sia la discesa più conveniente. In breve, purtroppo, raggiungiamo lo zoccolo terminale del ghiacciaio. Guadagniamo il fondovalle con un lungo traverso, poi scinspalla, il parcheggio. Andrea e Manuela (così si chiamano i due austriaci) mi invitano al loro camper per una birra fredda di fiume. Hanno con loro un album fotografico con le più belle escursioni in montagna. A me l'onore di scrivere la prefazione per questo  San Matteo che entra di diritto, anche per loro, tra le più belle gite effettuate in assoluto. Scambio di mail e cellulari e la promessa (speranza) di ritrovarsi, magari in Austria, prima di abbandonare la quiete paradisiaca di quest'angolo di mondo alla volta della congestionata strada che mi riporterà a casa.


























                                                                                                                                              by Domenico

                                                                                                                  
Partecipanti: Io

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