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Carico
la sveglia presto, alle 3. Sono una via di mezzo tra l'irritato e
il deluso...detesto arrivare dopo nelle gite che ho programmato...
Come sveglia ho alcuni nastri di musica techno anni 90 che
ascolterò a volume sfonda-casse sia all'andata che al ritorno Sono
le 6. Il parcheggio dei Forni è deserto...solo un camper! Pensare
che qualche settimana fa centinaia di scialpinisti muovevano gli
attrezzi, potere dei rifugi aperti. Bando alle ciance, non ho
fatto tre ore di auto da solo per stare qui a preoccuparmi perchè
non c'è nessuno. Mentre salgo cerco di rintracciare qualche
escursionista, ma è deserto assoluto. Il passo, forse per la
tensione, è spedito. Non me ne accorgo neanche e sto
attraversando un enorme crepaccio "... ma sono già sul
ghiacciaio? E il Branca dove diavolo l'ho superato...?" cerco
di individuarlo, so perfettamente dov'è...ma non lo
trovo... accidenti è molto più in basso di dove pensavo:
ricordavo male o è sprofondato, trascinato a valle dai reflui
liquidi dell'ablazione? Ma si , sarà così. Ad un tratto,
in lontananza, in una dolina, vedo uno scialpinista anzi,
no: sono due; di colpo le gambe sembrano liberarsi dal peso
schiacciante che la solitudine di questo posto esercitava su di
loro. Adesso vado meglio, la giornata è splendida, fresca, senza
vento.Il passo si scioglie (ma ce n'era bisogno?) e supero i due
scialpinisti, stranieri, tanto per cambiare. Sbuffo...non è la
tensione, è la quota. In meno di due ore ho coperto più di mille
metri, adesso l'aria si fa leggera. Proseguo senza soste, se non
quelle obbligate per immortalare lo stupendo ambiente glaciale che
mi circonda. La neve diventa molto dura, proprio ai piedi della
ripida paretina che adduce alla grande dorsale sommitale. Calzo i
rampan. Non vedo più i due colleghi, sono rimasti piuttosto
indietro. Quasi quasi lascio gli sci e metto i ramponi... Ma no,
solo un pezzo ostico. Raggiungo la dorsale e la vista si fa
entusiasmante. Praticamente un 360° su tutte le alpi. Vedo la
vetta, ma non mi capacito di come possa averci messo così poco ad
arrivare; intanto il passo si è giocoforza normalizzato. Sono
alla croce, 3 ore e venti...boh. Mi fermo a godere il momento. Il
Dosegù è piuttosto crepacciato quest'anno. Ancora nessuno sci vi
ha lasciato la sua traccia. La strada del Gavia però è gia stata
ripulita, la prossima settimana questo versante verrà preso
d'assalto dagli escursionisti... Il Sole comincia a scaldare, vedo
arrivare i miei ignari compagni di giornata. Mi raggiungono alla
croce, complimenti di rito e convenevoli vari socializzando in uno
stentato (da parte mia) inglese. Faccio un po' da Cicerone, poi ci
prepariamo alla discesa. Il Sole ha fatto il suo lavoro
rammollendo la vescica ghiacciata che ricopriva la parte superiore
del manto nella zona più alta. Raggiunta la paretina ci tuffiamo
diretti sul ripido, neve asciutta, pressata dal vento su un pendio
oltre i 45°...le condizioni migliori in assoluto! Entusiasti ci
superiamo a vicenda per immortalarci con le nostre fotocamere e ci
aspettiamo per decidere assieme quale sia la discesa più
conveniente. In breve, purtroppo, raggiungiamo lo zoccolo
terminale del ghiacciaio. Guadagniamo il fondovalle con un lungo
traverso, poi scinspalla, il parcheggio. Andrea e Manuela (così
si chiamano i due austriaci) mi invitano al loro camper per una
birra fredda di fiume. Hanno con loro un album fotografico con le
più belle escursioni in montagna. A me l'onore di scrivere la
prefazione per questo San Matteo che entra di diritto, anche
per loro, tra le più belle gite effettuate in assoluto. Scambio
di mail e cellulari e la promessa (speranza) di ritrovarsi, magari
in Austria, prima di abbandonare la quiete paradisiaca di quest'angolo
di mondo alla volta della congestionata strada che mi riporterà a
casa.
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