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il
programma prevedeva un canalone orobico...il Torena o il Druet...
invece un amico mezzo extra mezzo terrestre mi propone-impone la
salita ad un'altra selvatica orobica; la compagnia vale la
candela, per cui... Siamo
solo in tre sull'auto che, lungamente, ci porta verso la centrale
di Vedello, in Val di Scais. La meta ?il Piz Cavrin, gita
definita "per appassionati". Spesso questa definizione
viene usata a sproposito, questo ?uno di quei casi. Risaliamo la
strada innevata che, dalla centrale sale fino ad Agneda, un borgo
che in passato era abitato perennemente dagli operai che
estraevano l'uranio dalla miniera appollaiata in un vallone che
dalle pendici della Cima Soliva scende in Val Vedello. Adesso ?
un pittoresco villaggio di seconde case che, nella stagione
invernale, acquista il fascino dell'isolamento dettato dai rigori
della stagione. Lo attraversiamo veloci, Mau ed io, mentre Aurelio
si attarda in compagnia di Oscar e Franco, trovati per caso nella
stessa valle e che verranno con noi (?) sulla stessa cima. Dopo la
spianata posta a monte del villaggio, la strada comincia a salire
decisa e ben pistata alla volta del Lago di Scais semigelato. La
giornata ?molto rigida, il sole un miraggio lontano, sulle
spelacchiate cime delle Retiche. Continuiamo sempre sulla stradina
che costeggia il lago, ora meno battuta, per entrare in Val
Vedello. La visuale ?stupenda, selvaggia, chiusa sul fondo dalla
mole rocciosa del Pizzo del Salto, con la sua severa parete nord.
Dopo una brevissima sosta con torroncino calabrese, riprendiamo a
salire inoltrandoci in un vallone che rapidamente porta ad un
bellissimo anfiteatro semipianeggiante posto ai piedi dell'ultimo
ripido canale che scende dalla cima del Piz Cavrin. Prendiamo a
salirlo mentre due scialpinisti lo scendono... a scaletta...
orribile visione e fastidioso presagio. Alla mia domanda sulla
qualit?della neve il primo di loro mi risponde che non c'?
niente da sciare. Contrariato prendo gli sci in mano e li porto
su, fino a met?mentre Mau, dopo essersi ramponato, raggiunge
l'omino di vetta con la sua tavola sulle spalle. Siamo finalmente
illuminati dal Sole, dopo tre ore e quaranta di tetra ombra.
Scatti di rito, Consueta identificazione delle vette e, mentre
ingurgitiamo cibarie, compagnia che aumenta man mano che passano i
minuti. Per fortuna che era una montagna per appassionati, vuol
dire che ce ne sono molti o forse ci siamo trovati tutti qui per
caso! Anche Aurelio fa capolino dal canalino e ci raggiunge in
vetta. Possiamo quindi allestirci per la discesa. Salutiamo tutti
e ci rechiamo all'imbocco del canale. Mentre scendo a piedi
capisco che la qualit?della neve ?buona, e mi avrebbe permesso
di scivolare in scioltezza lungo i 35/40?della giostra. Mau,
vecchio volpone delle nevi, ha gi?la tavola ai piedi in cima al
canale, mentre Aurelio poco pi?sotto imposta le prime curve e io
ancora pi?sotto metto gli sci ai piedi. E op op, su neve ora
farinosa ora portante si inizia la discesona di 1695 metri. A
turno ci diamo il comando per poter fotografare le evoluzioni
degli altri, scegliendo le linee ideali tra dossi polverosi e
canali levigati dal vento. La libidine ?doppia, tripla, quando
tra i dossi non vi sono tracce di passaggi precedenti. Imbocchiamo
un canalino e una paginona, una spalla e una valletta...
raggiungiamo il fondo della valle tra salti e cadute, risate e
racchettate. Adesso rimane la strada, gi? scorrevole e
divertente fino al lago, pista da "libera" fino alla
piana di Agneda, da fondo skettinato fino al paese, carreggiata e
ghiacciata fino alla centrale e all'auto...lunga e pianeggiante
quella che ci riporta allo smog delle nostre citt?
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