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talvolta
capita di andare in luoghi conosciuti semplicemente perchè non si
ha voglia di esplorarne di nuovi... talvolta può capitare che
proprio nel posto più noto si possa scoprire qualcosa di
inimmaginabile! Il
test di ieri sul mio stato di salute ha dato esito positivo, ma le
previsioni di venti tempestosi per la giornata di oggi non
lasciano molto spazio alla fantasia. Lorenz mi accompagna per
l'ennesima uscita in Golem. Stavolta però l'intenzione è di
salire per un versante molto poco frequentato, anzi, cercheremo il
meno frequentato in assoluto se possibile.Da Pezzoro, 911 m,
portiamo brevemente gli sci in spalla, fino al secondo prato, per
poi calzarli e far fatica a superare il passaggio che immette
nella stradina; molte persone stanno già salendo attirate dal
rally scialpinistico che ha qui luogo oggi. Tutti risalgono il ben
pistato e ripido "ratù", come da manuale. Noi voltiamo
verso Malga Gale, seguendo in falsopiano la comoda stradina
tagliata a mezzacosta che la raggiunge. Mentre la percorriamo,
passando ai piedi del severo versante nord del Guglielmo,
cerchiamo la nostra via di salita. Quella è troppo facile, quella
no, quella è la "normale" da nord... prendiamo a salire
per un ripido pendio tracciando numerose diagonali nella neve
farinosa profonda, nel bosco molto rado. Una volta superata la
fascia di vegetazione, ci troviamo a dover scegliere la nostra via
di salita. A destra il largo e ripido vallone che porta
direttamente nei pressi del Pedalta, a sinistra il costolone noto
come Sperone degli Apicoltori, sopra di noi una fascia rocciosa
che è possibile aggirare mediante due canalini. Sembra essere la
nostra via di salita: ripida quanto basta e non citata dalla nuova
guida CAI-TCI. Calziamo i ramponi e "aggrediamo il canalino
di sinistra, su neve molto compatta, a tratti cementata. Ci
rallegriamo per le splendide condizioni nonchè per la pendenza ,
intorno ai 55°, e l'ambiente insolitamente selvaggio per la
nostra montagna di casa. Tracciamo la nostra linea senza patemi,
scegliendo i passaggi più diretti e divertenti, a volte delicati
a causa della pochezza della neve. Perveniamo cosi alla breve
crestina che adduce senza difficoltà alla larga dorsale sommitale,
a poche decine di metri dalla nostra vetta, a 1956 m. Intanto
vediamo frotte di scialpinisti fare a sportellate sul pendio
sottostante il monumento del Redentore... Raggiunta la cima, ci
affrettiamo nella discesa, sollecitati da alcune fastidiose
raffiche di vento. Il programma prevede la celeberrima discesa
lato ovest, verso Zone, e noi lo rispettiamo scrupolosamente. La
neve è quella usuale su questo versante: trasformata, a biliardo,
con due dita di polvere riportata dal vento. Considerando
che il pendio è ripido e uniforme e la qualità della neve è
eccelsa, ci beviamo letteralmente i 450 metri di discesa
fino alla stradina che segna il consueto punto di ritorno. Ci
fermiamo finalmente a trangugiare qualcosa, poi ritorniamo verso
il crinale. La meta adesso è Castel Bertino, 1948 m, che
raggiungiamo un po' affaticati. Una breve pausa ed eccoci
rinsaviti, belli carichi, pronti ad affrontare la ripida
discesa della Val Cremala, al secolo "canale del
metanodotto". I primi metri, ripidissimi, sono da aggirare
per mancanza di neve. Con un traverso leggermente esposto
rientriamo nel canale e, senza tentennamenti, prendiamo a scendere
su neve ottima, dura ma non ghiacciata. Il pendio è inclinato a
45°, Lorenzo mi ricorda, casomai l'avessi dimenticato, che in
caso di caduta di uno dei due, ci saremmo rivisti circa 350 metri
più in basso, dove il canale perde pendenza. Molto molto
soddisfatti, raggiungiamo la stradina che taglia il versante nord
a q 1500 circa, ma, invece che seguirla verso Malga Pontogna,
decidiamo di continuare la nostra discesa nel solco artificiale
del metanodotto, scendendo fino alla forra della Val delle Selle,
a 1180 metri di quota. Adesso non rimane che risalire a guadagnare
il sentiero che conduce al rifugio Cai Valtrompia. Nel fresco del
pomeriggio, decidiamo di fare un ulteriore piccola risalita
supplementare, fino ai 1400 m della base del "ratù",
onde poter godere di qualche metro di discesa in più e molte
centinaia di metri di mezzacosta in meno. Il restante tratto è
totalmente privo di incognite, su neve battuta tipo pista di
Montecampione e prati finali pelati tipo pista del Pezzeda. Giunti
al Kanguro, osserviamo di non aver incrociato neanche una persona
in tutto il giorno, mentre su altri versanti gli scialpinisti
saranno stati varie centinaia tra appassionati ed atleti. In un
inverno così, 8 ore passate sul nostro meraviglioso e
"sconosciuto" Golem, meritano sicuramente un podio nella
memoria.
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