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A lungo
abbiamo atteso questo ponte del 25, speranzosi di poter
effettuare una bella salita a qualche gigante delle Alpi. Un
dispetto dell'Atlantico invece farà saltare tutti i programmi,
ma, col tempismo di un cronografo, in un giovedi pomeriggio si
"crea" la gita su misura, sfruttando la finestra di bel tempo limitata
al giorno successivo.
Certo, non tutti possono
organizzarsi nel giro di 24 ore per poter partire in un giorno
feriale. Fortunatamente le circostanze lo permettevano a me Rob
e Claudio. Il numero esiguo (poca brigata, vita...) di
partecipanti permetteva quindi mete ambiziose. Per esigenze
logistiche puntiamo al Cevedale versante Alto Adige. Lungo, il
viaggio... lunghissima, la salita. Una breve notte insonne e 4
ore di viaggio e il Kanguro ci deposita al termine della strada
della Val Martello. Le nubi e la pioggia del Trentino, restano
confinate e il sole splende sulle nostre teste. Partiamo
sciaipiedi su buona mulattiera abbondantemente pistata e
risaliamo i declivi sottostanti il rifugio Corsi. A dispetto del
parcheggio pieno zeppo, solo altri 2 scialpinisti condividono la
nostra salita. Superato il rifugio, ci inoltriamo nella vallata,
ancora titubanti sull'itinerario da seguire: il più diretto, sui
pendii orientali della Zufall, o quello "eterno" sulla Vedretta
Lunga? Al bivio i dubbi si dissipano: gli altri due ragazzi
puntano a sinistra, verso la Cima Marmotta e noi, vinti da
euforia traversatoria, proseguiamo sul fondo della valle verso
un lontanissimo rifugio Casati. Avevamo deciso di comune accordo
(...io non avevo mai visto il Casati) di effettuare la
lunghissima traversata salendo per la via normale che si diparte
dal Casati per poi scendere dal versante opposto. E sia; armati
di pazienza affrontiamo i lunghi pianori intervallati da
modestissime salite, fino a raggiungere il ghiacciaio.
L'ambiente è a dir poco grandioso, sorprendente! La giornata
splendida e la neve fresca contribuiscono a renderlo fantastico.
L'isolamento è palpabile: noi 3, altri 2 puntini ben più avanti
e altri due ancora sul versante opposto al nostro. Il ghiacciaio
ha una pendenza regolare e dolce, cosicché la traccia lo risale
dritta, senza affanni. Il vento intanto spazza i crinali
più alti, mantenendo il clima rigido e l'aria tersa. Certo non
sembra aprile inoltrato! Dopo ore di marcia, raggiungiamo
finalmente il Passo del Cevedale a oltre 3200 metri di quota. Su
questa vasta spianata fa bella (?) mostra di se la ciclopica
costruzione del rifugio Casati, con annessa baraccopoli
risalente ai tempi della prima grande guerra. Un diroccato
pilone di uno skilift testimonia un vergognoso sfruttamento
unilaterale dell'uomo nei confronti della montagna... Il luogo è
animato. Colonie di piccoli puntini provenienti sopratutto dalle
steppe nordiche, vagano per queste distese glaciali. Non si può
parlare di traffico, considerato anche il giorno lavorativo.
Claudio intanto comincia ad accusare un palese stato di
sottoallenamento. Rob prosegue la sua marcia tranquilla, mentre
io cerco di cadenzare il passo a beneficio del mio compagno
affannato. Man mano che si sale, in verità molto lentamente
complice la pendenza infima, consulto il mio appannato Suunto
per riferire l'incoraggiante dislivello mancante alla ben
visibile sommità. Perveniamo così ai piedi della paretina finale
che, sebbene poco innevata e con diffuse lastre di ghiaccio, ci
conduce con attenzione alla cresta finale. Il vento adesso
soffia fastidioso, gelido. Aspetto Claudio protetto dal labbro
del crepaccio enorme apertosi sulla cresta longitudinalmente ad
essa. Ormai mancano pochi minuti alla cima ci siamo, anche se
negli ultimi passi siamo maltrattati da un vento pungente che ci
brucia la faccia. La sosta in cima, semiprotetti dalle
roccette, è comunque breve. Decidiamo di scendere attraverso i
ripidi pendii orientali della Zufall Spitze. Traversiamo quindi
verso est e contorniamo la spalla del Cevedale fino a doppiarne
la cresta sud. Togliamo gli sci per un breve tratto su sfasciumi
e ci caliamo nell'ampio anfiteatro che da il via alle danze. In
verità i primi 300 metri sono appena sciabili, a causa del vento
che ha "ingessato" la neve. Poi man mano che scendiamo la
situazione muta favorevolmente e le nostre solette si deliziano
su firn ricoperto da una spanna di fresca. Fa sempre effetto
poter tracciare le proprie curve su distese candide, ti fa
sentire un pioniere. Raggiunto il rifugio Martello, non vi è più
un centimetro di neve non tritata essendo questo tratto in
comune con la Cima Marmotta. Scendiamo quindi su pista tracciata
fino a guadagnare il sentiero di fondovalle che, ormai rigelato,
ci conduce nuovamente al parcheggio. Giornata splendida. |








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