







 |
E cos? dopo
il puntuale e previsto peggioramento del tempo in corrispondenza
del ponte del 25 aprile, mi ritrovo alla vigilia di un week end
splendido dal punto di vista meteorologico, con in programma la
salita di un bel 4000 sciistico del Rosa in condizioni fisiche
oscene. Febbricitante nella mattinata di venerd? medito su un
eventuale forfait alla gita organizzata. Tuttavia, dopo le
ripetute chiamate al telefono da parte dei compagni di merende,
decido di farmi forza e "soffrire" la salita: ho scomodato
troppe persone stavolta per non presentarmi all'appuntamento!
Siamo in 8 alla partenza dal
solito casello autostradale. Il Franz attende di essere
recuperato all'autogrill di Dalmine, il gruppo di lecchesi
capitanati da Luca di essere rintracciato autostrada facendo. La
meta iniziale ?St. Jacques in Val d'Ayas, quella finale
il Pollux. Vari contrattempi ci impediscono di unirci al gruppo
di Luca, cos? una volta consumata la torta energetica al
parcheggio della piccola frazioncina, ci incamminiamo scinspalla
e zaino pesante alla volta dei Piani di Verra. Il sentiero sale
diretto, senza fronzoli e in meno di un ora siamo alla suddetta
spianata, dove l'innevamento ?continuo e ci permette di calzare
gli ski. Poco pi?in alto abbandoniamo la strada per infilarci
in un vallone situato tra due imponenti morene che, con qualche
angheria, ci porta ad una balconata posta qualche centinaio di
metri sotto il rifugio Mezzalama. Una bella sosta e si riparte.
Tracciamo la via ai piedi di possenti seracchi tenendone la
giusta distanza, poi con semicerchio orario ci portiamo sopra il
rifugio di cui prima. Occorre nuovamente fermarsi a causa del
caldo sahariano che sta devastando il gruppo. Le creme solari
vanno come la Fanta, le mie risorse idriche, rimaneggiate gi?
prima della partenza dalla solita falla del Camel, languono.
Riempio di neve la sacca e la posiziono fuori dallo zaino...
dopo 5 minuti ho una nuova falda da cui attingere. Alcuni di noi
accusano fatica e malanni, altri (Rob) se ne sobbarcano il
fardello e io traccio nella neve pesante un itinerario il pi?
regolare possibile, onde non affaticare ulteriormente il gruppo.
Ai piedi dello zoccolo roccioso che sostiene il rifugio le mie
orecchie cominciano a fumare come l'acciaieria di S. Polo e il
sovrarisacaldamento diviene puro dolore. Siamo molto "allungati"
ma grazie alle radioline riusciamo a restare in contatto.
Arrivati al rifugio il gestore ci accoglie con una birra fresca,
complimentandosi con noi e dicendo che pochi raggiungono il
rifugio partendo dal fondovalle. Ne siamo lieti. Ci sistemiamo
nel nostro comodo alloggio e trascorriamo il pomeriggio tra
bagni di sole (chi non ne aveva avuto abbastanza), pisolini in
branda e chiacchiere di vario genere. Alle 18:30 infiliamo le
gambe sotto il tavolo per l'ottimo rifornimento carburante. Il
rifugio merita una nota di merito per come viene gestito. il
sonno non tarda ad arrivare e, con le consuete manfrine da
rifugio, la notte trascorre lentamente per alcuni, in un lampo
per altri. La mattina dopo una buona colazione, prendiamo le
mosse incolonnati sul ghiacciaio. La neve ?pessima, crosta
ventata rigelata che non promette nulla di buono per la discesa.
Al Colle di Verra perdiamo la Saby e il Paglia che decidono di
terminare li la loro gita. Noi 7 proseguiamo verso la base dello
scivolo ovest del Pollùce raggiunto il quale calziamo i ramponi.
Rob, Andrea e Franz decidono di portare gli ski in vetta per
affrontare poi l'adrenalinica discesa. Io di portare gli sci in
cima non ci penso neanche lontanamente, la neve ?tutt'altro che
bella per una discesa almeno decente. Ramponi ai piedi e fiato
accorciato dal convalescente malanno, risalgo il ripido pendio,
seguito a ruota dal resto del gruppo. In breve raggiungiamo il
dosso sommitale e la panoramica vetta dalla quale si gode di un
bellissimo panorama su buona parte del Rosa (del settore
orientale non si vede niente) e sul vicino Mishabel. Non fa per
niente freddo, anzi: il calore delle 09:21 ci sprona a scendere
per trovare la neve nelle migliori condizioni. Il trio scimunito
arriva con debole ritardo, mentre noi ci avviamo. Scendiamo
velocemente sulla traccia di salita e una volta calzati gli ski
propongo di scendere alla base della Roccia Nera e infilarci tra
i seracchi. L'ambiente ?grandioso e il firn la fa da padrone,
regalandoci un emozionante discesa interrotta decine di volte
per i click delle nostre digitali. Raggiunto il rifugio ci
fermiamo ad aspettare gli altri (inutilmente). Dopo circa 45
minuti decidiamo di iniziare la discesa tenendoci in contatto
radio col Rob che lentamente sta facendo scendere la Saby
acciaccata. Abbiamo l'onore e l'ardimento di tracciare la
discesa dopo averla studiata a vista. Non ci convince la traccia
usuale che passa dal Mezzalama. Scendiamo subito sul ripido
davanti al rifugio su neve splendida per poi imboccare il
secondo ripido pendio sotto lo zoccolo roccioso dello stesso. A
quel punto viriamo decisamente ad est e percorriamo ora per
ripidi canali ora per strategici traversi, la sinistra
orografica della valle, in alcuni punti sotto il tiro dei
seracchi, trovando in alcuni punti neve marcia, ma per lo pi?
splendido firn fino a quando il bosco, oramai ai Piani di Verra,
non ci inganna propinandoci la solita crosta condita da
grattuggiamenti di soletta fino al termine dei pendii innevati.
Convinti da un presunto locale, ci incamminiamo sulla
carrozzabile (a suo dire pi?breve del sentiero!) e, mentre lo
ricopriamo di insulti, vediamo sempre pi?vicina la chiesetta
del parcheggio. Alle auto una prolungatissima attesa per il
rientro dei rimanenti naufraghi poi tutti in viaggio, a
sognare e progettare la prossima avventura! |








 |