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Quando nella
tua mente una meta si ripropone più volte nel corso di una
settimana, è il caso di andarci. Se le tue aspettative saranno
attese, la soddisfazione sarà doppia!
Mentre percorriamo la strada
che da Temù sale verso la bassa testata della Val d'Avio, i
dubbi riguardo la sua percorribilità vengono fugati. Potremo
partire comodamente dall'inizio del sentiero che si inoltra in
Val Salimmo. Come da previsione la giornata è splendida e la
neve è completamente assente almeno fin oltre il bivacco Spera.
Spalliamo quindi gli ski e percorriamo il ripidissimo ed a
tratti esposto sentiero che, molto rapidamente, ci fa guadagnare
quota e doppiare il bivacco. In questo tratto è assolutamente
preferibile la totale assenza di neve. Continuiamo a
salire per ripide isighe fin quando troviamo una bella lingua
nevosa perfettamente portante e liscia, la quale ci conduce tra
belle conche inclinate, in vista del versante occidentale del
Salimmo. Ci fermiamo a godere di uno snack e di un po' di
sole. L'aria è molto frizzante, la neve continua ad avere le
caratteristiche di una pista da atletica, non obbligandoci a
calzare i ramponi. Proseguiamo la nostra salita con gli
scinspalla, tranquillamente. L'ambiente è incantato, con tutti i
pendii matidi e levigati. Notiamo alcuni escursionisti alla
Bocchetta di Valbione, tentano di invadere la nostra valle... ma
non ci riescono, e tornano sui loro passi. Intanto, passo dopo
passo, siamo arrivati ai piedi della ripida parete nord della
nostra montagna. Calziamo i ramponi e la "aggrediamo". Rob
traccia nella spanna di neve farinosa che rende del tutto
facile, con un po' di fatica in più, la progressione. La
piccozza rimane alloggiata nello zaino. La parete ha un
inclinazione pressocchè uniforme, sui 50°, intervallati da un
breve tratto centrale più abbattuto. Rapidi passaggi nuvolosi
velano a tratti il sole, mentre giungiamo in cima dopo 4 ore e
un quarto dalla partenza. Consueti scatti e commenti sulle
condizioni dei ghiacciai adamellini e siamo pronti per la
spettacolare discesa che ci attende. Con un traverso ci portiamo
verso la via normale sul versante nordovest, ma dopo aver
"saggiato" la qualità della neve, decidiamo di "raddrizzare" la
discesa tuffandoci sul ripidissimo pendio adiacente la traccia
di salita. 10 centimetri di farina su fondo cementato, ci
permettono di ricamare il vasto lenzuolo, anche se le piccole
slavine che causiamo con il nostro passaggio infastidiscono la
nostra tranquillità... giunti in fondo al pendio, quasi
increduli, ci voltiamo più volte a rimirare l'opera. Proseguiamo
su firn inverosimilmente bello, uno dei più belli mai
trovati. Le pendenze sono sempre sostenute, spesso si scende
senza intravedere la base del risalto, ma il tipo di neve che si
lascia incidere dalle lamine, permette anche queste
"imprudenze". Percorriamo due ripidi canali e poi un'ultima
lingua che ci deposita ai prati soprastanti l bivacco. Purtroppo
è finita. Sono quasi tentato di lasciar qui gli ski e ritornarci
domani, ma poi il pensiero del bellissimo Pisgana ammirato dalla
cima mi persuade. Non rimane che precipitare nel solco della Val
Salimmo e raggiungere il Kanguro solo soletto nei prati sotto
Malga Caldea che, sorridente nel vederci esclama: "Già qui?"
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