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Una
stagione decisamente sotto tono, poche realizzazioni,
altrettante poche uscite, entusiasmi di conseguenza in linea
con essa. Al ritorno dal mare la promessa di effettuare
qualcosa di importante alla prima occasione favorevole. La
meteo sembra favorevole in occasione del ferragosto... si
parte!
Dato lo scarso allenamento
e gli zaini simil-zavorra, decidiamo a priori di usufruire
degli impianti di risalita, che saranno poi l'unica spesa di
questa due giorni sul Rosa. E si perch? tenendo fede alla
promessa di non usufruire pi?dei rifugi, io e il Lorenz ci
siamo armati di pala, sacchi a pelo, sacchi da bivacco e
quant'altro necessario per passare una notte all'aperto. Le
premesse, una volta arrivati a Gressoney, non sono
allettanti. Fa piuttosto fresco e il vento forte blocca la
corsa della cabinovia che conduce al Passo dei Salati.
Attendiamo per qualche ora, poi si parte. In quota la
temperatura ?pi?tardo-autunnale che estiva, ma restiamo
fermi sulla nostra decisione. Risalite le roccette
attrezzate con canapone che adducono al ghiacciaio posto
sopra il rifugio Mantova, decidiamo di non proseguire, a
causa del forte vento e delle minacciose nubi che avvolgono
i pendii sopra il rifugio Gnifetti. Piazzeremo qu?i nostri
sacchi, a quota 3532. E' la prima volta che bivacchiamo
all'aperto a tale quota, di conseguenza i preparativi ci
impegnano per buona parte del pomeriggio. Dopo una cena
consumata nel tardo pomeriggio il tempo peggiora e il
nevischio che ci aveva tenuto compagnia fin adesso, si
trasforma in neve. Alle 18:00 non ci resta altro da fare se
non infilarci nei nostri sacchi. Si annuncia una lunga
attesa, ma tant'? Alle 04:00 decidiamo di saltar fuori: la
temperatura ?di -7°C, ma il cielo ?totalmente sgombro e le
stelle luminosissime. Dopo lunghi preparativi per far
colazione e risistemare gli zaini, alle 05:30 ci mettiamo in
marcia. Il ritmo ?buono, e riusciamo a superare molte delle
numerosissime cordate che viaggiano incolonnate verso la
Capanna Margherita. Il morale ?alto. In prossimit?del
Colle del Lys usciamo dalla traccia autostradale e puntiamo
alla cresta est del Liskamm or.le. A tratti si sprofonda
fino al polpaccio e la fatica non tarda a farsi sentire.
Intanto il vento e il freddo non si attenuano. Neanche il
sole che spunta alla Roccia della scoperta riesce a
"scongelarci" e sopratutto non riesce a scongelare i nostri
"Camel", ridotti allo stato di granita fino alle sacche
poste dentro lo zaino. Capiamo che la disidratazione
costituir?un ulteriore problema, ma proseguiamo. Superiamo
in piolet traction il breve tratto ripido del crepaccio
terminale e percorriamo la ripidissima cresta ghiacciata. Il
vento ha levigato ben bene il versante nord della montagna
rendendo la neve molto simile al ghiaccio. La marcia ?lenta
sulle punte dei ramponi che spesso piegano le caviglie
stante la durezza del terreno. Alcuni tratti sono esili e da
percorrere sul colmo, ma risultano pi?comodi rispetto a
quelli in mezzacosta sospesi sull'impressionante parete nord
durante i quali ?necessario compiere ampi semicerchi con i
piedi per non ramponarsi i polpacci. Dopo quasi 5 ore
mettiamo piede sulla vetta pi?alta. Sappiamo che il pi??
fatto, e meno male, dato che siamo inspiegabilmente stanchi.
La discesa alla depressione posta tra le due vette ?comoda,
cos?come la traversata alla vetta del Liskamm occ.le
interrotta poco prima della cima da un salto roccioso di
pochi metri, con un passo presumibilmente di III grado. La
giornata continua ad essere splendida e quasi ci stupiamo
per quante poche cordate abbiano intrapreso oggi questa
bella traversata. Probabilmente il vento avr?scoraggiato i
pi? fatto sta che, a dispetto delle nostre aspettative,
abbiamo viaggiato con la vista di altri tre alpinisti che
alternativamente stavano d'avanti o dietro a noi, fino alla
vetta orientale e poi in solitudine fino a quella
occidentale, incrociando in tutto altre tre cordate
provenienti dal senso opposto. La discesa per la ripida pala
ghiacciata del versante ovest non presenta difficolt?
Giunti per?al bordo che divide il versante nord con quello
sud, nello scavalcare il colmo cado (letteralmente) nella
trappola della neve riportata dal vento e scivolo. Il tempo
di reagire con la piccozza e mi sento appeso come una
scamorza. Il Lorenz ha trattenuto la mia caduta anticipando
il mio arresto. Da qui in poi la discesa non ha pi?alcuna
difficolt?tecnica ne pericolo oggettivo, si transita
attraverso la bella spianata glaciale del Colle di Felik per
poi scendere i ripidi pendii rivolti a sud verso il rifugio
Quintino Sella, normalmente popolato da alpinisti ed
escursionisti provenienti da ogniddove. Da qui raggiungere
il Colle di Bettaforca ?scomodo e faticoso, su cresta
rocciosa ingombra di inutili canaponi, ripide tracce e
lunghi falsi piani, tanto che una volta tolto l'ingombrante
zaino dalle spalle gli agonizzanti piedi massacrati dagli
scarponi mi si sono buttati al collo per un abbraccio che
sapeva, oltre che di ringraziamento, di velata minaccia a non
trattarli mai pi?in questo modo!
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